venerdì 5 gennaio 2018

trenta dì: dicembre (o dell'attesa)


Dicembre, o dell'attesa.
Un mese in cui casa è il luogo in cui tutto avviene.
Un mese in cui tra queste quattro calde e luminose mura è suonata questa musica.
(cliccate qui per ascoltarla anche voi)


Ciao Dicembre, ti saluto da qui, a pochi passi dalla tua ultima notte, fatta di brindisi e fuochi d'artificio. Di auguri e speranze e buoni propositi e desideri.
Sei stato un mese calmo e luminoso.
Fatto di casa, e cose fatte in casa.
Di tradizioni che si ripetono, di scatole che salgono dal garage e una volta aperte ci regalano un pomeriggio di ricordi con cui addobbo casa e le tue giornate, sempre più corte, in cui cerco la luce fra queste quattro mie amate mura.
Ritrovo oggetti, pupazzi, disegni, cuori di panno, libri che per undici mesi sono stati nel buio di uno scatolone, e ora colorano casa di rosso, e oro, come doni preziosi portati dal tempo.









Il tempo di bere una tazza di latte tiepido con un po' di pandoro e poi, nonostante la pioggia battente e il vento sferzante, infilarsi cappotto e stivali, guanti e berretto e uscire sfidando le intemperie perché in posta è arrivato un pacco da ritirare. 
Farsi aiutare da una vecchietta gentile, senza nemmeno averlo dovuto chiedere, a infilare quel pacco nel trolley della spesa che, miracolo, è della grandezza esatta. Oltre che a bellissimi quadri rossi e bianchi.
Tornare a casa e nascondere subito, ma subito subito subito, il pacco prima che tornino i bimbi a casa. 
Aver voglia di un altro po' di pandoro e, visto che purtroppo è finito, ripiegare su un gianduiotto. 
La magia del Natale sta tutta qui.


I mandarini sul davanzale. 
I riflessi delle lucine sul vetro della finestra. 
Una spolverata di neve sul tetto della casetta giù in cortile. 
Dettagli di una domenica di dicembre: sembrava già Natale, sembrava già inverno. 
Tempo. È una parola che è tornata spesso nei miei pensieri, in questi giorni.
Ho deciso di rallentare ancora di più, in questo dicembre in cui tutti sembra affannarsi.
Ho scelto di chiamarmi fuori da certi giochi.
Ho rallentato ancora di più, lasciandomi andare ai nostri riti e ritmi.
Ho vestito i panni che più amo indossare: quelli di mamma e di Babbo Natale.
Ho ricevuto un bellissimo regalo, poco prima delle feste.
Ho ritrovato la voglia di infilare il filo nella cruna, e lasciare segni e disegni e ricami di panno e stoffa, in punta d'ago.
Ne sono nati quattro piccoli telai ricamati, nei toni del verde e rosso, e un po' di marrone, da cui non riesco a stare lontana.
Li ho regalati ad amiche lontane nei chilometri ma vicine nei pensieri.
E uno l'ho tenuto per me.








Ho esposto le mie creazioni a Casavecchia, e mentre appendevo ghirlande di panno e telaietti ai rami degli alberi, con la campagna spoglia e fangosa a far da contorno al mio banchetto ho pensato che non poteva esserci posto migliore per loro.
Come se si fondesero alla perezione con l'ambiente attorno.
Come se fossero tornate a casa anche loro.






E poi, dopo l'attesa, la meraviglia, e la magia che si compie.
I capelli arruffati.
La pelle ancora calda di letto.
I segni del cuscino sulla guancia. 
La corsa in salotto, a piedi scalzi.
La luce tiepida che entra dalla finestra.
Il rumore della carta che si strappa.
Lo stupore nei vostri occhi. 
Sarà la più bella tra tutte le storie di Natale, che vi racconterò ogni anno, quando sarete grandi. 
Intanto voi restate pure così: piccoli, magici ed incantevoli.






Ma del Natale più di tutto amo il prima. 
E il dopo. 
L'attesa, carica di magia. 
E la fine, piena di ricordi. 
Quel senso di calma che mi lascia addosso poi, quando tutto il festoso trambusto è passato. 
Quel momento in cui siamo di nuovo solo noi quattro, la casa sottosopra, una tisana calda per cena, e qualche biscotto di panpepato, un film sul divano, in pigiama, e un martedì che sa di domenica ad aspettarci al risveglio.
E questa casa, con i suoi angoli in cui sembra Natale tutto l'anno.





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