lunedì 30 settembre 2013

trenta dì: settembre

Trenta dì conta novembre,
con april, giugno e settembre,
di ventotto ce n'è uno,
tutti gli altri ne han trentuno.
Istantanee di attimi, luci, colori e sapori che scandiscono il tempo dei mesi che si rincorrono l'un l'altro.
Settembre iniziato, settembre già finito.
Settembre a due tempi.
Settembre che era estate.
Settembre che ora è autunno.
Settembre giochi di ombre e luce e polvere magica.

giovedì 26 settembre 2013

a volte basta poco: scarti in cucina




Cucinare con i bambini si può.
Anche con quelli di 18 mesi scarsi.
Non mettendoli a mescolare la besciamella o a fare il soffritto, no no, per carità.
Intendo in loro presenza, con loro in mezzo ai piedi.
Da quando siamo a Casanuova e il piccoletto si è messo prima a gattonare spedito, poi ad arrampicarsi ovunque come una scimmia e ad infilarsi in qualsiasi pertugio ho avuto qualche difficoltà a preparare la cena senza urlare o correre di qua e di là come una forsennata per stargli dietro ed evitare che distruggesse la casa o se stesso.
Per non parlare poi di cosa è in grado di combinare da quando cammina.
A Casavecchia non ricordo di aver mai avuto tante e tali difficoltà a preparare qualcosa da mettere nel piatto: sarà perché sua sorella era una bimbetta dall'attitudine molto più calma e messole un libro in mano non si muoveva poi molto da dove l'avevi lasciata.
Sarà che a Casavecchia l'appartamento era più piccolo, e cucina e salotto erano un unico ambiente, per cui anche cucinando ce l'avevo sempre sott'occhio ed eravamo sempre assieme.
Non come qui a Casanuova, dove la cucina è abitabile sì, ma quando ci sei dentro ti sembra di abitare proprio altrove e ti senti effettivamente un po' all'oscuro di quel che succede nel resto della casa.
E silenzi troppo lunghi o trambusti troppo chiassosi non portano buone nuove, di solito.
Quindi ti tocca mollare tutto là e andare a scoprire in che stanza sta succedendo cosa.
Sarà perché a Casavecchia non cucinavo tutte le sere, visto che tre sere a settimana, più varie ed eventuali, erano dedicate alle cene in comune, quindi o cucinava qualcun altro o mentre cucinavo qualcuno stava con i bimbi...i vantaggi di vivere in cohousing.

E quindi niente...qui ogni tanto si fa proprio fatica.
Soprattutto quando sono da sola con Zeno.
Come qualche sera fa: Cora era stata tutto il giorno dai nonni, Paolo sarebbe passato a prenderla dopo il lavoro, ma stavano facendo un po' tardi e io la cena dovevo metterla sul fuoco, in un modo o nell'altro.
Zeno da solo a volte non si sa intrattenere, specialmente se manca la sorellona da prendere a mazzate, o da abbracciare compulsivamente o da seguire per casa battendo il tamburo mentre lei suona la chitarra. O lui la trombetta e lei l'armonica. Fortissimo, facendo più baccano possibile.
Quindi quando è da solo e si annoia ad un certo punto gli si illumina lo sguardo, di una luce che promette poco di buono, e inizia a passare in rassegna le sue marachelle preferite.
Il best of delle sue birbonate.
In ordine sparso comincia a battere  con oggetti grossi e robusti sulla porta di casa, sbattere la porta con vetro della cucina, uscire in terrazza e strappare i fiori di mamma, i primi fiori sopravvissuti di mamma!, aprire i cassetti del loro armadio ed estrarre tutto il contenuto sparpagliandolo sul pavimento, aprire la credenza e svuotare la dispensa, sbattere a terra pacchi di pasta che quando li apri hai 5 etti di semola, portare a passeggio per casa le scarpe di tutta la famiglia, arrampicarsi sulle sedie per raggiungere qualsiasi cosa si trovi sul tavolo e scaraventarlo a terra...e non ho la forza di continuare.

L'altra sera stava andando proprio così, pari pari a come l'ho raccontato.
Io stavo tagliando del sedano.
Alcune parti andavano scartate.
Le ho ammucchiate in un angolo del tavolo e poi ho pensato che sì, ci si poteva provare.
Bisognava dargli una possibiltà.
Poi sta crescendo, non mette più in bocca la qualsiasi e inizia ad essere in grado di restare concentrato ed assorto per più di 5 minuti.
Zeno intendo, non il sedano.
Allora l'ho chiamato, abbiamo preso le sue pentoline e i suoi mestolini e abbiamo "delicatamente" posato tutto su un comodino di legno dei soliti svedesi, comodino che prima o poi diventerà la loro cucinetta...appena riusciamo ad avere un pomeriggio libero per fare le opportune modifiche e aggiunte.
Poi  ho dato a lui quello che non serviva a me e che stava per finire dritto dritto nel cestino dell'umido.

Et voilà, Mesdames et Messieurs, chef Zeno all'opera tra pentole e mestoli.





Ha giocato. Tanto. Da solo.
Annusava e non metteva in bocca.
Parlottava tra sé e sé nella sua lingua a noi ancora incomprensibile.



Spostava, svuotava, riempiva e risvuotava nella solita escalation di travasi, garanzia di mezz'ore serene.


Apriva e chiudeva.
Metteva coperchi e li toglieva.


Prendeva e afferrava con le sue manine paffute che si stanno facendo sempre meno goffe e sempre più abili.



 E adesso che se ne stava finalmente tranquillo io, invece che rimettermi a cucinare, mi sarei volentieri inginocchiata lì al suo fianco e mi sarei fatta insegnare una delle sue ricette.


Mi ha sorpreso. Sta crescendo, e a volte io lo tratto ancora come il piccoletto, il poppantino che mette tutto in bocca e che non riesce a restare concentrato su un gioco per più di cinque minuti.
E sembro quasi essermi dimenticata di quante attività proponevo a sua sorella quando aveva la sua stessa età.
Le facevo fare più cose...forse perché era meno impulsiva, caciarona  e trasgressiva...forse perché c'era solo lei e il mio tempo, che all'epoca mi sembrava pure poco, era molto più di quello che ho adesso...

E invece è sveglio, il ragazzo!
Ha già capito dove sarà il forno, anche se dobbiamo ancora farlo!


 L'esperimento, avendo funzionato alla grande, è entrato ormai tra le abitudini della sera, in quell'indaffarato frangente che sta dopo i giochi del pomeriggio e prima della cena, quando fame e stanchezza iniziano a farsi sentire, molesti e indisponenti.
Spesso con Cora risolvo con qualche cartone sul pc, dove qualche per me sarebbe l'uso moderato di 3 o 4 episodi di Peppa Pig o Pimpa, per il totale di 20 minuti.
Per lei qualche è sempre un po' di più, "ancora uno mamma, per favore, ultimo ultimissimo...", ovviamente detto implorandomi tra urla e pianti.
Io, quando fame e stanchezza hanno i loro brutti effetti anche su di me, cedo e dall'uso all'abuso il passo è breve.
Quindi lei resta lì, ipnotizzata e anestetizzata, che potrebbe pure cascare la casa e lei non se ne accorgerebbe, intanto io spignatto, mescolando nella mia testa qualche senso di colpa e alcuni dubbi per i troppi cartoni..., e il piccoletto, a modo suo, spignatta anch'egli.
Perché i cartoni su di lui non hanno ancora, grazie al cielo, nessuna attrattiva...due minuti, forse tre li regge, ma poi inizia a mettere mano sulla tastiera del pc, cercando di sabotare il mezzo.
E spignatta oggi, spignatta domani sta diventando pure bravo, il cuocherello.
Zucchine, bucce di cipolla, carote, piccioli di melanzane...tira fuori dei manicaretti che a vederli fanno pure voglia.




Io gli farei fare il foodblogger al mio piccolo chef!

lunedì 23 settembre 2013

raramente così felice

Raramente sono stata così felice.
Un inizio d'autunno, luminoso e tiepido.
Il cielo azzurro e il sole pieno.
E la notte una luna tonda a rischiarare sonni, sogni, e sinuosi  abbracci tra le lenzuola.
Raramente sono stata così felice.
Il mio bambino in braccio, che pisola placido.
Un disco nuovo nell'aria e nelle orecchie.
Una passeggiata al mattino presto tra le bancarelle del mercato.
Guardare poco e comprare nulla.
E tornare a casa piena zeppa di luce, aria e con la testa leggera.
Raramente sono stata così felice.
Andare a prendere la mia bambina all'asilo, nel mezzo del mattino, di ritorno dalla biblioteca.
Con il piccolo che dorme, sempre placido, nel passeggino.
Nella borsa cinque libri freschi di prestito.
Uno per me, quattro per loro.
Raramente sono stata così felice.
Le idee ancora non chiare che frullano per la testa, i progetti nebulosi che non prendono coraggio, ma una profonda e ferma serenità e l'orizzonte sgombro da ansie e preoccupazioni.
Perchè quel che conta è qui tra le mie braccia, mi tiene per mano attraversando la strada, mi dorme accanto la notte.
A tutto il resto c'è rimedio, per tutto il resto c'è tempo, con tutto il resto scenderemo a patti e compromessi, di tutto il resto in qualche modo potremmo anche fare a meno.
Raramente sono stata così felice.
Una domenica sera a Casavecchia.
Tra amici.
Una cena semplice e saporita.
Bambini bravi, bravissimi.
Che a immaginarli così bravi io non ci riuscirei.
Qualche libro, uno xilofono, dei tovaglioli di carta a intrattenerli.
Della buona, anzi ottima, musica.
Senza amplificazione alcuna.
Solo in tre a riempire una stanza intera.
Senza trambusti, voci calde e graffiate, uno spensierato ukulele, un malinconico violino, campanelli e tintinnii, qualche carillion, gli echi evocativi di una tromba.
Che gran, felice serata.
Preziosa e, fortunatamente, non così rara.





Consigli per gli ascolti:
Il gruppo che abbiamo viene dalla Germania e sono amici di amici nostri, quelli che, ancora per poco, vivono a Casavecchia.
Erano in tour in Italia e prima di rientrare a Berlino si sono fermati qui, a Casavecchia, per un house-concert  dall'atmosfera calma e calda.
Li avevo già visti.
E mi erano piaciuti un sacco, ma un sacco proprio bello pieno.
Li ho rivisti con immenso piacere.
C'è gente davvero brava, lì fuori nel mondo.
Davvero un gran privilegio scoprire che c'è.
Si chiamano My Sister Grenadine, questo è quello che fanno.





sabato 21 settembre 2013

sewing cards for v.y.p. (very young people)

Le sewing cards sono delle schedine forate,in cartone o altro materiale, con le quali i bimbi possono tentare i primi giocosi approcci al cucito e soprattutto allenare la coordinazione occhio-mano ed esercitare la motricità fine.
In giro per il web se ne trovano di tutti i tipi, dalle più semplici alle più elaborate.
Ma è il tipico esempio di ciò che possiamo fare in casa, da soli con le nostre manine.
 

Lo scorso Natale, mentre ero tutta presa dal cucire stelle di panno per l'albero, ne avevo realizzate alcune in cartone per Cora.
C'era l'albero, il cuore, la stella.
Lei seduta sul divano di fianco a me cuciva le sue figurine e io intanto proseguivo con il mio lavoro.
Le avevamo poi regalate a nonni e zii, che avevano ovviamente apprezzato a suon di "oooh ma che brava, oooh ma che belli!"
Lei era ancora piccolina, neanche due anni e mezzo, quindi il risultato era assai ingarbugliato, ma quel filo di lana bianca che si intrecciava e spiccava sul rosso, sul verde e sul giallo faceva comunque il suo effetto.
Quando si è trattato di fare le nostre sewing cards, quelle da tenere nella scatola del cucito di mamma, così quando io prendo ago e filo in mano lei può fare altrettanto, ho pensato che però il cartone no, non andava bene.
Perché Cora potesse effettivamente divertirsi e "riuscire" un minimo nell'attività sentendosi coinvolta senza però frustrarsi, c'era bisogno di soggetti semplici, un materiale duraturo e flessibile, che assecondasse i giri del suo goffo cucire senza opporre resistenza e senza sgualcirsi troppo.
Il cartoncino usato a Natale tendeva a piegarsi troppo e a strapparsi quando lei tirava l'ago, un cartone più spesso e robusto risultava invece troppo rigido.
La scelta è caduta sulla gomma crepla, un materiale gommoso, morbido, dalle molteplici qualità e dagli svariati usi.
Io lo apprezzo assai: è facile da tagliare, si può incollare, cucire, è impermeabile, galleggia, è leggero e non si deforma ma si lascia modellare e sagomare a piacere.
Quindi ho ritagliato le nostre formine, semplici semplici, e le ho forate lungo il contorno, ed essendo Cora ancora piccolina i fori sono ovviamente larghi, pochi e ben distanziati.





Per cucire le do un ago grosso, di quelli da lana, con la punta tonda e smussata, e un filo di lana che devo sempre ricordarmi di fissare al primo foro.




E lei infila e sfila, infila e sfila.
Ovviamente non segue ancora il "sentiero" dei fori e va un po' di qua e un po' di là, spesso si ingarbuglia, ma ha compreso il movimento...e non è poco!
 
 
Quando poi ha finito recupero l'ago e via con un'altra figurina.


Per ora sono più che soddisfatta, sono riuscita a farle abbastanza semplici da essere alla sua portata, effettivamente non si sgualciscono e non si rompono anche nei peggiori casi di intrecci e nodi da rompicapo!


mercoledì 18 settembre 2013

giochi da giardino senza il giardino

Giornata grigia e bigia.
Dovremmo andare in fattoria a prendere pane e verdure, ma non so se il cielo sarà propizio quando i pupi si saranno svegliati dal pisolo pomeridiano.
Eccola qui l'anteprima dell'autunno che verrà.
L'assaggio dei pomeriggi passati in casa, tra pigre merende ed espedienti antinoia.
Io ne ho pure voglia.
Di rallentare un po', di indugiare sul divano con un libro in mano e calzini grossi ai piedi, di non dover per forza portar fuori i bimbi a fare qualcosa che "...ma con questo sole, non vorrai mica tenerli chiusi in casa?!?"
In assenza di un giardino nostro poi mi tocca proprio PORTARLI fuori, non è che posso aprire la porta che dà sul giardino e dirgli "prego, andate, accomodatevi, divertitevi" e buttargli un'occhiata di salvaguardia ogni tanto.
Neanche a Casavecchia potevo farlo in realtà: lì non c'era un giardino, c'era il casolare immerso in 10 ettari di campi, orti, boschetti, bestie e laghi, canali e fossi, con tutti i pericoli annessi e connessi e star fuori era spesso assai più faticoso ed impegnativo che non restare a giocare placidi e tranquilli tra le nostre quattro mura.
Però...non servivano grandi cose: una passeggiata a salutare asini, capre, galline e compagnia cantante, milioni di fili d'erba da strappare, fiori da innaffiare, sassi con cui riempirsi le tasche, torte di fango e minestroni fantasia da servire sopra scalcagnate cassette della frutta.
E il tempo passava. A volte veloce. Altre molto molto molto lento...pure troppo.
Talmente lento che ora siam qua.
Nel nostro appartamento, a due passi dal centro, con la macchina che fa le ragnatele e le scarpe che macinano marciapiedi.
C'è un piccolo cortile condominiale, chiuso da cancelli, ed è la nostra valvola di sfogo, quando non c'è tempo o voglia di raggiungere il parco.
E  c'è la nostra terrazza ad est, assolata e luminosa al mattino, fresca e ombrosa al pomeriggio.
Durante questa nostra prima estate a Casanuova ci ha accolti, ospitale e cordiale, con i nostri pastrocchi e intrugli, le nostre cene alla ricerca di un po' di fresco, gli sguazzi in bacinella dei pupi appiccicosi e sudaticci, le golose merende e le fiabe inventate della sera.
Il voto che le do è più che discreto, anzi viaggia tra il 9 e il 10, tra i più alti della casa.
Per la sua vista sul verde, rigoglioso e ordinato giardino dei vicini, per la sua assenza di finestre altrui troppo vicine e quindi per il suo alto indice di privacy e riservatezza, per il cielo ampio che le sta sopra e davanti.
E perchè, senza lamentele o proteste alcune, mi ha permesso di far giocare i pupi come piace a loro, e come piace anche a me, senza dovermi preoccupare di quanto stessimo sporcando.
Come quel pomeriggio, in cui dovevo trapiantare il prezzemolo comprato al mercato.
E mentre io mettevo a dimora quelle piccole, tenere e profumate foglioline loro si sono divertiti come pazzi, con i loro giochi da giardino senza giardino
Ovvero , dopo quelli con la sabbia, ecco i travasi con la terra.

Qualche vaso e sottovaso. Un bagnafiori. Paletta e rastrello.


Terra, ovviamente.



E chi li fermava più?!?



Anche in questo caso è stato un tripudio di raccogli-svota-versa-spandi-riempi senza sosta.


Una bella esperienza tattile, e anche una bella palestra di motricità fine!



Ma soprattutto una buona dose di "sporchevolezza" rilassata e gioiosa.
Che temo sarà difficile replicare, a questi livelli, dentro casa, ahimè.
Ci si può provare.
Magari non il giorno seguente alle pulizie generali...chè c'è un limite a tutto!


lunedì 16 settembre 2013

il primo giorno


Mi sono alzata presto.
Ho fatto colazione con lui, soli soletti, nel silenzio della casa ancora addormentata.
I bimbi si sono svegliati da soli.
Operativi e collaborativi da subito.
Talmente tanto che eravamo tutti pronti con un'ora d'anticipo sulla tabella di marcia, che io avevo previsto assai più caotica e trafelata.
Invece una rilassata  e serena calma aleggiava nella casa, mentre l'alba illuminava la casa di giallo.
Cora ha messo l'ultima crocetta e fatto l'ultimo passetto.
E poi siamo partiti tutti e quattro assieme.

venerdì 13 settembre 2013

tutto pronto, tutti pronti...la scuola può cominciare


I bimbi dormono.
Zeno nel suo lettino, Cora nel lettone, chè ci siamo dedicate qualche coccola esclusiva, per me e lei sole.
E mi sono addormentata un po' anch'io, abbracciata a lei, naso contro naso.
Mi fermo, come ogni pomeriggio con il caffè nel bicchiere, a prendermi la mia pausa indispensabile e irrinunciabile.
Mi fermo e fermo i pensieri che vagano in tondo nella testa.
E' stata una mattinata calma, lenta.
Zeno si è svegliato all'alba, l'ho portato nel lettone e sotto le coperte abbiamo poltrito assieme per un'altra oretta.
Quando Cora si è svegliata io ero in bagno e Zeno vagava per la casa.
Le sue prime parole, seduta al centro del corridoio, sono state :"Andiamo nel lettone a farci le coccole?"
Non c'è stato bisogno di chiederlo una volta di più, ci siamo rituffati sotto le coperte, tutti e tre, con la tapparella alzata quel tanto che basta a far entrare qualche timido e tiepido raggio di sole.
Ci siamo presi il nostro tempo, come abbiamo sempre fatto finora, liberi da sveglie, orari, impegni...
'na pacchia.
Ma da lunedì si cambia musica.
Sveglia presto, colazione, lavarsi manifacciadenti, via veloci, vestirsi, su le scarpe dai che è tardi metti il cappuccio che piove....

Ma siamo pronti. Da un pezzo ormai.
Qui se ne parla da gennaio:"...lo sai che tra poco io vado a scuola?" è stato uno degli argomenti più spesso proposti da Cora.
Io, bhè io sono nata pronta.
No, non è vero...sono un sacco emozionata e spero che il suo entusiasmo per questa nuova avventura superi indenne i primi caotici momenti e il trambusto della novità.

Quel che le servirà è tutto pronto, o quasi.
Mi ci sono proprio applicata un sacco.
E ne sono fiera e felice.
Da metà agosto nei ritagli di tempo, durante i pisolini, la sera a letto, lista dell'occorrente alla mano, mi sono ingegnata e prodigata.
E divertita pure.



mercoledì 11 settembre 2013

stuzzichini sugli stecchini

Sei invitato ad una festa di compleanno.
Di una duenne.
Tu e tutta la famiglia, ovviamente.
Anche perché la festeggiata è un'amichetta della tua bimba.
La mamma della festeggiata, che tra l'altro tiene in braccio un bimbo di 40 giorni, chiede saggiamente a tutti di collaborare: che ognuno porti qualcosa per il banchetto, a proprio piacimento.
La trovo sempre un'ottima idea, specialmente quando chi organizza i festeggiamenti è già parecchio indaffarato con altre faccende.
E poi così il buffet riesce ben variegato, non c'è il rischio che manchi qualcosa (o ci sia troppo) perché la quantità di sfizi e manicaretti sarà direttamente proporzionale al numero dei presenti.
E ognuno troverà senz'altro qualcosa di proprio gradimento da mettere sotto i denti.

Ma che portare?!? La solita torta salata? Una crostata?
No, no. Ci vuole qualcosa di più allegro, è una festa per bambini, l'aspetto scenografico non andrebbe trascurato.
Mi viene allora in mente un'idea graziosissima che ho visto nel blog di questa ragazza, che io vorrei come fornitrice ufficiale delle mie colazioni per i prossimi trent'anni almeno.
Un'idea semplice, di facile realizzazione ma dal risultato davvero carino e simpatico.
Proprio quello che ci vuole per quest'occasione.
Ed è anche alla portata della mia bimba, che come sempre è entusiasta di aiutare in cucina.
Nella sua versione erano dolci, io ho pensato di farli salati, immaginando che in molti avrebbero portato dolci. E infatti...

Io ho scelto la strada più facile...diciamo che ho solo assemblato degli ingredienti, ma i virtuosi dell'autoproduzione possono tirarne fuori una versione completamente homemade.



Dunque, l'occorrente per la versione easy:
  • rotoli di pasta brisè
  • formaggio fresco spalmabile
  • patè di olive nere, di carciofi e di pomodori secchi
  • formine per biscotti
  • stuzzicadenti lunghi, quelli da spiedini
  • forno


lunedì 9 settembre 2013

Tutto quello che mi serve l'ho imparato all'asilo. (R.Fulghum)

Sono passati dieci anni.
Non ricordo se fosse estate o primavera. Senz'altro era un pomeriggio caldo e assolato.
La chiesa era piena, colma di gente e commozione.
Io, che credente non sono, in chiesa ci entro solo per liete unioni o tristi congedi.
E il ricordo resta ben impresso.

Quel pomeriggio ero andata a salutare le mia maestra dell'asilo, che un "brutto male" aveva portato via dopo qualche anno di strenua battaglia.
Anni in cui aveva continuato a lavorare per quel che poteva.
Mia mamma, che faceva da baby sitter a delle bimbe che frequentavano quella scuola, ogni tanto mi portava qualche notizia, aggiornamenti che però non rischiaravano il cielo.
Fino alla brutta notizia.
Io non la vedevo da tempo, ma conservavo dentro di me un ricordo nitido e luminoso di quella donna, del suo sorriso ampio e della sua voce un po' roca.
E ora che, vent'anni dopo ero io  a fare il suo lavoro, anche se al nido e non alla materna, spesso mi ritrovavo a proporre i  suoi lavoretti, le sue attività, le filastrocche ai miei piccoli, stupendomi di quanto incisivi fossero stati certi momenti e passaggi vissuti in quegli anni, in quella grande scuola col giardino.

Dopo il funerale un gruppo di genitori e le colleghe avevano invitato tutti al grande parco giochi di fronte alla scuola dove insegnava.
La quercia più grande, che con i suoi rami frondosi teneva all'ombra altalene e scivoli, veniva così dedicata a lei, alla sua memoria.
Intorno al grande albero mamme, papà, nonni, bambini di oggi e di ieri, colleghe e amici ascoltavano, silenziosi e commossi, queste parole, a cui lei era particolarmente legata.


La massima parte che veramente mi serve sapere su come vivere, cosa fare e in che modo comportarmi l'ho imparata all'asilo.
La saggezza non si trova al vertice della montagna di studi superiori, bensì nei castelli di sabbia del giardino dell'infanzia.
Queste sono le cose che ho appreso:
  • dividere tutto con gli altri
  • giocare correttamente
  • non fare male alla gente
  • rimettere le cose a posto
  • sistemare il disordine
  • non prendere ciò che non è mio
  • dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno
  • lavarmi le mani prime di mangiare
  • i biscotti caldi e il latte caldo fanno bene
  • condurre una vita equilibrata: imparare qualcosa, pensare un po' e disegnare, dipingere, contare, ballare, suonare e lavorare un tanto al giorno
  • fare un riposino ogni pomeriggio
  • nel mondo badare al traffico, tenere per mano e stare vicino agli altri
  • essere consapevole del meraviglioso: ricordare il seme nel vaso: le radici scendono, la pianta sale e nessuno sa veramente come e perché, ma tutti noi siamo così
  • i pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e persino il seme nel suo recipiente: tutti muoiono e noi pure.
  • non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato, la più importante di tutte guardare.
Tutto quello che mi serve sapere sta lì, da qualche parte: le regole auree, l'amore, l'igiene alimentare, l'ecologia, la politica e il vivere assennatamente.
Basta scegliere uno qualsiasi tra questi concetti, elaborarlo in termini adulti e sofisticati e applicarlo alla famiglia, al lavoro, al governo, o al mondo in generale , e si dimostrerà vero, chiaro e incrollabile.
Pensate come il mondo sarebbe migliore se noi tutti, l'intera umanità, prendessimo latte e biscotti ogni pomeriggio e ci mettessimo poi sotto le coperte per un pisolino, o se tuti i governi si attenessero al principio basilare di rimettere ogni cosa dove l'hanno trovata e di ripulire il proprio disordine.
Rimane sempre vero, a qualsiasi età, che quando si esce nel mondo è meglio tenersi per mano e rimanere uniti.

Robert Fulghum

Questi ricordi sono riaffiorati in questi giorni, in cui le scuole riaprono e anche noi ci stiamo preparando per la nostra prima volta.
Starò dall'altra parte della porta, sarò quella che va, mentre la sua bambina resta.
Non dovrò incoraggiare e rasserenare animi di mamme insicure, o consolare volti che con gli occhi gonfi di lacrime e labbra tremule ti chiedono di aver cura dei loro piccoli.
Al nido poi, sono così piccoli...mi è capitato di fare inserimenti con bambini di 5 mesi, e la parte più difficile è far accettare il distacco alla mamma.
Perché hai voglia tu di star lì a dire "vedrà signora, starà benissimo, l'importante è che siate convinti della scelta e che vi mostriate sereni che il bambino assorbe tutto, soprattutto la vostra ansia.
Sì, adesso è meglio che vada, sì sì lo deve salutare, deve vedervi andar via è importante...ecco mi raccomando signora, un bel sorriso, no, non qui, signora se le vien da piangere meglio che lo faccia dietro la porta..."
E via così. Che poi queste cose mica ti serve dirle a chi è convinto della scelta fatta, a chi ritiene  che il nido sia la soluzione migliore, dovendo lavorare, e preferendolo a nonni e baby sitter.
Questi sono quelli che ti portano il pupo, sorridenti e garruli, entusiasti e collaborativi, ti mettono loro figlio e tutta la loro fiducia in braccio ed escono saltellando.
E tu lavori che è un piacere.
Perché ti senti apprezzata, a priori  sì, ma questo ti permette di dare il meglio di te.
Ti senti parte di quella famiglia, chiamata a partecipare al complesso, faticoso, variopinto e meraviglioso cammino che accompagna la crescita di un piccolo individuo.
E senti di avere loro dalla tua parte, disposti a mettersi in gioco, attenti alle tue richieste e disponibili alle tue proposte.
Consapevoli che è tutto per il bene del pupo e per la buona riuscita di un'esperienza che può rivelarsi preziosa, ma che basta un niente per comprometterla.
Ci vuole impegno, buona volontà, capacità di ascolto e tanta tanta fiducia.

E ora tocca a me.
E non nego che un piccolo nodo mi sale in gola quando penso che tra una settimana inizierà una nuova quotidianità, fatta di ore e pranzi e passeggiate e pisolini senza la mia bimba.
Credo sia naturale sentire una piccola morsa di nostalgia, dopo tre anni passati costantemente assieme.
Comunque sono pronta, l'entusiasmo, mio e suo, c'è.
La fiducia, mia nei confronti della scuola, c'è tutta.
E la voglia di aiutare non mi manca: so che non è facile per le maestre lavorare in questo tempo di tagli economici, di precariato indeterminato e con genitori sempre sul piede di guerra, dalla lamentela facile e dalla critica costante.
In realtà non vedo l'ora...il mondo lì fuori inizia ad essere suo e me ne porterà a casa ogni giorno un pezzetto.
Sarà una grande nuova avventura e sarà un gran privilegio ascoltarla dai suoi racconti e vederla con i suoi occhi.



sabato 7 settembre 2013

Valsugana: Arte Sella

C'è un posto speciale, lì in Valsugana.
In un punto in cui le pendici dei monti si addolciscono e fanno spazio ad una piccola valle dai grandi prati in cui il sole splende ampio.
E' la val di Sella, appena sopra Borgo Valsugana.

C'è un posto speciale, lì in Val di Sella.
Si infiltra nel bosco, in un sentiero ombroso.
Il torrente scorre placido lì vicino.
Alberi, pietre e foglie ovunque.
E la mano dell'uomo, che gioca nel bosco come un bambino, ha lasciato qui e là traccia delle sue fantasie.
Arte e natura si intrecciano in una lenta danza a due.
Sulle note di una melodia che è brusio di piccola vita in costante movimento e attività.
Note di acqua, di volo di uccelli, di saltar di cavallette e di vibrar d'insetti tra foglie e rami.
Senza frastuono alcuno.
Si chiama Arte Sella.

Non starò a spiegare come arrivare, dove parcheggiare, cosa fare.
C'è un ottimo sito, esaustivo di ogni informazione utile.
Voglio solo metter giù i miei ricordi e suggestioni, e i commenti della mia treenne.
E qualche piccolo consiglio per chi volesse andarci con dei bimbi piccoli.

Arte Sella è una bellissima iniziativa di installazioni nel bosco.
Nata nel 1986, ha incontrato ai suoi albori qualche difficoltà nell'affermarsi, specialmente tra la popolazione locale, perplessa di fronte a queste "stramberie moderne da artisti".
La costanza, la caparbietà, l'impegno di chi crede fermamente e fortemente nel valore di quel che fa ha permesso che Arte Sella non si sia mai fermata, e seppur con qualche rallentamento e momento buio lungo la strada, ha continuato a crescere ed ora vanta una fama che valica i confini del Trentino.
Le installazioni, opera di artisti italiani ed internazionali, sono tutte realizzate con materiale reperibile sul posto: rocce, sassi, pietre, rami, alberi, foglie.
Alcune opere sono realizzate con l'ausilio di materiale necessario alla costruzione stessa dell'installazione, o tramite una trasformazione precedente della materia offerta dal bosco (assi e travetti di legno, anziché rami e tronchi; lastre di pietra sagomate anziché rocce...).
In altre invece non c'è altro che natura...

Ogni anno nuove opere prendono vita, mentre altre intanto lasciano che pezzi di sé tornino al suolo, neve dopo neve, pioggia dopo pioggia, sole dopo sole si trasformino in altro, in materia fertile per nuovi cicli di vita.
E' una land art su scala minore, dove l'intervento della mano  dell'uomo non è mai invadente, non stravolge ma asseconda, non trasforma ma interpreta le naturali inclinazioni del bosco.

Ti senti all'interno di un mondo fantastico, dove l'archetipo del bosco si fa meno cupo e diventa gioco.

Propone nuovi punti di vista, offre prospettive e vie di fuga, giochi di luce e ombre.


E per un bambino è meglio del luna park.

All'entrata un piccolo parco giochi accoglie grandi e piccini con le sue case nei tronchi.




Un grandissimo cannocchiale, che se sali lì su quel sasso e guardi nel buco è la cima di una montagna che risponderà al tuo sguardo curioso.







Gallerie di tronchi, in cui rincorrersi e giocare a nascondino.



O di rami intrecciati, dove giovani fuscelli si arrampicheranno crescendo e coprendo tutto di foglie e ombra.



Un girotondo di rami, con i piedi per terra e una ciotola di sasso per raccogliere l'acqua del cielo.



Grandi costruzioni, incastri di legno, precisi, regolari, misurati da cui guardare  porzioni esatte di cielo lassù.




o sedersi in cerchio e sentirsi dentro agli ingranaggi di una meridiana.





Tronchi intagliati a far da cornice al bosco.



Trottole giganti.



E  il guscio di una lumaca enorme, posato lì ai piedi di un albero.
O sarà dentro a dormire?



Una giraffa distesa a terra.



Oblò di pietra liscia, in cui lo sguardo rimbalza e rotola via.





Grosse palle di pietra,  tonde tonde che sembrano pronte a rotolare via.


 Un piccolo villaggio da capanne di legno.


Costruzioni di pietra  (" guarda mamma, un trullo!") e dietro la porta tutta la magia di una camera oscura.



Incantevoli e magiche tane di rami intrecciati, leggere e affusolate da sembrare fatte di fili, bizzarre opere di laboriosi bachi.



Sembra che un alito divento potrebbe portarsele via.
E allora abbracciano rami, tronchi, in un gioco di intrecci in cui il sole si infiltra, caldo e luminoso, e piccole finestre si aprono come quadri appesi al muro.



Arte Sella prevede due percorsi.
Uno, il più lungo e gratutito, si snoda lungo un sentiero nel bosco e servono circa due ore per vederlo tutto.
Noi, che l'avevamo già fatto varie volte, prima di avere bambini, ce lo ricordavamo comunque semplice e facilmente accessibile.
Eravamo quindi convinti che saremmo riusciti a farlo anche con il passeggino, più marsupio, nel caso, molto probabile, in cui anche la grande si fosse stancata di camminare ad un certo punto.
Ma, vuoi perché il nostro passeggino non è un modello all'avanguardia, vuoi perché  avevamo fatto tardi, c'era fame nell'aria...insomma abbiamo rinunciato a questo pezzo, pensando che saremmo riusciti a farlo più tardi, dopo esserci rifocillati, e provando solo con marsupio e fascia.
Abbiamo quindi fatto tappa nell'area picnic per farci un pranzetto a base di pane, formaggio e pomodoro.
Ci siamo poi dedicati alla seconda parte di Arte Sella, la più piccola, durata del percorso stimata in trenta minuti, e a pagamento ( 6 euro gli adulti, gratis i bimbi, non ricordo fino a che età, ma fino a tre anni sicuro).
Le opere delle foto sopra sono tutte di quest'area qui. E ne manca pure qualcuna.
Questo per dire che anche la parte che doveva essere più "sbrigativa" noi non siamo riusciti a liquidarla in mezz'ora. Ma neanche in due mezze ore.
Intanto perché a passo di bambino si va più piano.
Non solo perché i passetti sono più brevi, ma soprattutto perché l'osservazione è più curiosa e attenta, perché domande infinite e stupore divertito richiedono lunghe pause e la fruizione delle opere prevede un'interazione giocosa molto attiva e difficilmente arrestabile.
Quindi il nostro pomeriggio è volato via così.
Camminando e giocando fra arte e natura.
L'altro percorso ovviamente poi non l'abbiamo fatto: era tardi ed eravamo "sazi" così, non saremmo certo stati in grado di fare di più, soprattutto i piccoli.
L'ideale sarebbe dedicare un giorno a ciascun percorso, e comunque senza passeggino, specialmente quello più lungo, perché il sentiero è più stretto e di difficile accesso ( la signora al punto accoglienza ci aveva in effetti demotivato un po', e aveva le sue buone ragioni).
Ce lo teniamo buono per un'altra occasione, quando tutti e due saranno cresciuti abbastanza da reggere la camminata senza necessità di supporti.


Intanto ci teniamo il ricordo di questa bella esperienza.



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